Spreco alimentare: come si può evitare di sprecare prodotti alimentari?

06. maggio 2021

A livello nazionale e internazionale, ogni anno il consumo in Svizzera causa lo spreco di 2,8 milioni di tonnellate di prodotti alimentari. Soltanto alla fine della catena dei consumi, nelle economie domestiche svizzere, ogni anno vanno persi circa 90 kg pro capite di prodotti alimentari ancora commestibili. Dal campo fino al piatto va perso un terzo di tutti i prodotti alimentari.

Non soltanto il consumo privato, ma anche l’industria della trasformazione ha un peso notevole in tal senso. Clivia Bucher, responsabile delle campagne di «SAVE FOOD, FIGHT WASTE.», ci fornisce preziose informazioni in materia.

Signora Bucher, può indicarci le attuali cifre relative allo spreco alimentare?
Nell’ambito dello spreco alimentare consideriamo sempre due dimensioni: la prospettiva quantitativa e quella ambientale. Quantitativamente, il 28 % dello spreco alimentare si verifica nelle economie domestiche, mentre il 35 % nell’industria della trasformazione. Ciò significa che ogni anno l’industria della trasformazione in Svizzera getta 965’000 tonnellate di prodotti alimentari.

La seconda prospettiva mette in evidenza l’impatto ambientale. Nella trasformazione esso si attesta al 27 %, mentre con il 38 % sono le economie domestiche private a causare il danno maggiore all’ambiente. Più tardi si verifica lo spreco alimentare nella catena di creazione del valore, peggio è. Per un prodotto alimentare trasformato, ad esempio uno yogurt, non soltanto si sono resi necessari più trasporti, ma anche energia e materiale in fase di trasformazione, il che va ad aumentare l’impatto ambientale. 

I trasformatori non sono propensi a gettare i prodotti alimentari, lavorano in modo efficiente.  Quali sono le sfide e i problemi in questo settore?
Le sfide sono improntate alla massima individualità, a seconda dell’azienda. Tuttavia nel settore della trasformazione sono spesso i limiti della tecnica ad avere un ruolo importante: ad esempio se i macchinari effettuano una sbucciatura eccessiva o se inizialmente si procede sempre a scartare qualcosa finché i processi non arrivano a raggiungere la qualità richiesta. Oltre alle sovrapproduzioni e alle carenze qualitative nelle materie prime e nei prodotti finali, anche gli aspetti economici rappresentano una sfida. Infatti è relativamente semplice ridurre lo spreco alimentare quando l’azienda ne trae anche un vantaggio finanziario. Dal punto di vista economico le cose si fanno invece più difficili dove si procede allo smaltimento dei prodotti alimentari perché attualmente è la soluzione più semplice e più conveniente. La tematica è complessa: anche nelle stazioni di imballaggio, stoccaggio e trasporto possono verificarsi perdite qualitative o errori tali che qualcosa debba essere ancora gettato. A lungo termine, tuttavia, le ottimizzazioni di processo e le innovazioni spingono sia dal punto di vista economico sia da quello emotivo ad affrontare tali sfide.

Quali sono le conseguenze dello spreco alimentare?
Molti pensano che si tratti in primo luogo di un problema etico. Noi gettiamo via, mentre altri soffrono la fame. Ma in effetti, oltre a questo, sono presenti delle dimensioni del tutto diverse: vanno perse risorse preziose, il che comporta conseguenze negative dal punto di vista ecologico, economico e sociale. Ad esempio, lo spreco di terra, energia, acqua e trasporti, emissioni inutili, costi aggiuntivi nell’ordine di miliardi, un peggioramento della sicurezza alimentare a livello globale e anche la perdita di biodiversità. Riducendo lo spreco alimentare facciamo davvero del bene all’ambiente, al clima, agli esseri umani e agli animali.

Che cosa si può fare contro lo spreco alimentare?
Molto! È importante riconoscere che lo spreco alimentare è un problema che riguarda tutta la società e che ciascuno di noi identifichi la portata della problematica, ma anche il proprio margine di azione, che si sia genitori, figli, giovani, cuochi, responsabili aziendali, product manager o trasformatori. Dando il nostro contributo – a livello privato e aziendale – e trovando insieme nuove soluzioni intersettoriali, la Svizzera riuscirà a ridurre lo spreco alimentare.

Un esempio: spesso dalla trasformazione risultano sottoprodotti, come il siero di latte o la crusca, per cui non c’è domanda. Per poter utilizzare sempre più anche questi sottoprodotti per uso alimentare sono necessari prodotti innovativi che vengano ben commercializzati, ma anche consumatrici e consumatori disposti a sperimentare il nuovo. Si procede in modo simile per quanto riguarda le norme attuali: oggi vengono per lo più vendute soltanto frutta e verdura dalle forme perfette. Abbiamo standard qualitativi talmente elevati che molti prodotti commestibili vengono scartati o gettati. Per tale motivo è necessario definire nuovi standard intersettoriali, risvegliando la coscienza collettiva dei consumatori in merito all’individualità dei prodotti naturali. Come molto spesso accade, anche in questo caso riusciremo ad andare avanti soltanto insieme.

Le trasformatrici e i trasformatori non causano solo spreco alimentare, ma forniscono anche un contributo positivo, vero?
Vero. Spesso i trasformatori stessi sono già un’istanza di food saving. Lavorano la frutta e la verdura di forma indefinita o fuori norma, quindi prodotti alimentari che non vengono venduti nel commercio al dettaglio. Molte aziende sono anche innovative e si impegnano enormemente affinché non si verifichi lo spreco alimentare o per limitarlo. Si riflette su che cosa si potrebbe ancora fare con gli scarti o su come si potrebbero riutilizzare i sottoprodotti.

Ci sono degli esempi di progetti che hanno avuto successo?
Sì, ci sono degli esempi fantastici e vediamo del grande potenziale nell’ispirazione reciproca. Le trasformatrici e i trasformatori hanno la possibilità di influenzare i consumi e di utilizzare in modo positivo, dal punto di vista della comunicazione, il fatto di evitare lo spreco alimentare. Nel settore dei prodotti alimentari scartati, che non corrispondono alla norma, vi è in particolare del potenziale per le start up. Ad esempio, da questi prodotti alimentari la start up svizzera «Foodoo» ottiene salse e brodi deliziosi.

Anche l’utilizzo dei marchi è importante: sull’imballaggio è possibile aggiungere la scritta «troppo buono per essere buttato». «Too good to go» intende far presente alle consumatrici e ai consumatori che i prodotti sono buoni anche dopo la data di scadenza minima. Sull’imballaggio si può anche indicare se un prodotto è ottenuto da un sottoprodotto.

Un esempio di sottoprodotto è il siero di latte. Spesso dalla produzione di formaggio ne risultano grandi quantità in eccesso, da cui si possono ricavare prodotti davvero gustosi. Anche in questo campo ci sono start up che sfruttano il potenziale del siero di latte, spingendosi così fino nel settore del fitness come Wood & Field, ma è disponibile anche il siero di latte di Bio Partner.

In collaborazione con Grassrooted e Coop, nel 2018 Biotta ha prodotto un succo di carote bio ottenuto da carote invendibili.

Un altro esempio: il birrificio appenzellese Locher va molto oltre. Riutilizza i residui del malto della birra, le cosiddette trebbie, per produrre chips e pasta per la pizza, mentre i resti dello zenzero utilizzato per la ginger beer vengono impiegati per il panettone. Dagli ultimi litri della birrificazione, che altrimenti verrebbero gettati, ottengono aceto balsamico. Le materie prime vengono impiegate due volte, creando così dei nuovi prodotti. Ora hanno addirittura una piscicoltura: per l’alimentazione dei pesci vengono utilizzati gli scarti di produzione della birra; questo mangime di produzione propria si compone per un buon 40 % del lievito di birra rimasto dopo la birrificazione.

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Quali possibilità hanno le trasformatrici e i trasformatori quando notano che si verifica lo spreco alimentare?
Per ridurre lo spreco alimentare sono necessari tempo, strategia e risorse. In particolare è necessario il dialogo tra tutti gli attori coinvolti. Si deve agire di comune intesa, trovando insieme delle soluzioni cooperative. Abbiamo bisogno di collaborare intensamente per evitare lo spreco alimentare.

Il primo e più importante passo risiede nella raccolta di dati trasparente. È necessario osservare con precisione e riconoscere anche i punti ciechi. Che cosa si potrebbe fare con gli scarti? Un tale potenziale va riconosciuto, si tratta di un processo creativo. Ci sono anche organizzazioni che forniscono aiuto in tal senso, come United against Waste o Foodways.

E naturalmente i trasformatori – come anche Bio Suisse – possono aderire alla grande alleanza tra partner di «SAVE FOOD, FIGHT WASTE.», dando insieme a noi un segno importante a favore del consumo dei nostri preziosi prodotti alimentari.

Informazioni sulla persona:

Clivia Bucher ha un background in marketing e comunicazione e ha operato come responsabile di progetto per campagne nazionali e internazionali. Dal 2019 lavora presso Pusch – L’ambiente in pratica a Zurigo ed è responsabile della campagna «SAVE FOOD, FIGHT WASTE.».

Il mio consiglio contro lo spreco alimentare: «C’è un breve momento prima che si verifichi l’effettivo spreco alimentare. Quando si nota che il prodotto alimentare è prossimo alla scadenza, non si deve perdere tempo! È meglio utilizzare il prodotto in maniera creativa, congelarlo o anche regalarlo. Con la consapevolezza, quindi, evitare lo spreco alimentare si può.»

Interview: Maya Frommelt con Clivia Bucher. Foto: Pusch

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